Quella di cui parlerò oggi è una battaglia che si è combattuta non a
colpi di moschetto o cannoni ma idee. La nostra Scuola è sotto continuo
attacco, i fondi sono pochi e gli aspiranti professori troppi. Inoltre
questa istituzione è spesso abbandonata dallo stato che forse non la
ritiene importante abbastanza per il futuro del paese. In effetti a cosa
potrebbe servire forgiare delle menti preparate ad ogni evenienza che
sappiano risollevare il paese una volta completato il loro corso di
studi? Ad aggravare il tutto si aggiunge il completo, o quasi,
disinteresse da parte dei genitori di noi studenti. E chi resta ferito,
mentalmente si intende, da questa noncuranza generale? Noi! E se non ci
muoveremo per cambiare questa situazione finiremo per trasformarci in
perfetti esseri che di senziente non hanno nulla. L’anno scorso ho avuto
l’immenso piacere di constatare come siamo riusciti a sollevare le
nostre voci e mi ha profondamente sorpreso la mobilitazione che c’è
stata nell’intera penisola per combattere ancora una volta il tanto
pericoloso disegno di legge 953 (il Ddl Aprea per intenderci) che era
tornato alla carica. Docenti e studenti che, tra lo stupore generale,
hanno abbattuto quella barriera tra banco e cattedra non essendo più
‘’contrapposti’’, ma compagni con un obbiettivo comune: un futuro. Scesi
più volte in piazza si sono distinti per la forza dei loro cori e delle
loro ragioni, sbandierando in faccia al governo cosa significasse per
loro la parola ‘’istruzione’’.
Non posso astenermi dal citare quella
macchia che ha segnato questi giorni di protesta di rosso: il 14
novembre. Non sono qui per incolpare l’una o l’altra parte, anche perché
quel giorno, per mia fortuna, ero assente, ma non si può negare che
questa esplosione di violenza ha oscurato il fine di una protesta
pacifica. Ciò che mi ha sconvolto maggiormente è stato l’atteggiamento
dei mass media nei confronti dell’accaduto: hanno completamente
dimenticato che quel giorno migliaia di persone, tra studenti,
disoccupati e lavoratori, erano scese pacificamente in piazza per far
valere le proprie idee che chiedevano giustizia, e hanno soltanto
descritto la guerriglia scoppiata successivamente. Credo che le immagini
a cui hanno assistito quelli di noi che quel giorno erano tra i
fumogeni e i manganelli resteranno indelebili nelle loro menti.
Arriviamo
infine alle ultime fasi di questa protesta: le occupazioni degli
edifici scolastici che a raggiera si sono espanse in Italia. Mi ricordo
che su Facebook ogni giorno qualcuno annunciava che un altro liceo o
istituto superiore era stato occupato, segno di un coinvolgimento
fortissimo in ogni parte del nostro Stato. È vero che in molti hanno
giudicato questo tipo di protesta con frasi del tipo ‘’lo fanno perché
così non lavorano’’. Penso di non essermi mai stancato tanto quanto i
giorni dell’ occupazione (e non voglio pensare a coloro i quali sono
rimasti ogni giorno ‘’trincerati’’ tra i nostri corridoi). L’ Ignazio
Vian di Bracciano è stato occupato infatti per un’intera settimana a
partire dal 21 novembre con un’ organizzazione pressoché perfetta: corsi
di ogni genere, turni di guardia per evitare qualsivoglia problema, una
pulizia continua su ogni piano e una cooperazione profonda. È sull’
ultimo punto che mi vorrei soffermare: per la prima volta ho potuto
vedere persone che non si conoscevano minimamente collaborare come amici
di vecchia data, una generosità nel fare collette che permettevano a
tutti di mangiare senza spendere troppo e nessun litigio. So
perfettamente, e come me anche voi, che questo atto è illegale (anche se
forse era l’ultimo atto di rilevante impatto che ci era rimasto) ma non
posso astenermi dal dire che personalmente mi ha permesso di crescere.
Siamo cresciuti tutti, insieme, e l’abbiamo fatto grazie ad una causa
comune che siamo infine riusciti a conseguire assieme agli studenti
delle altre scuole, ai docenti, ai genitori e a tutti coloro che ci
hanno creduto: il Ddl Aprea è stato fermato. Una vittoria che dimostra
quanto questo popolo di ‘’sfaticati e nullafacenti’’ tenga alla scuola e
all’istruzione. Forse è solo l’inizio, forse ci saranno sfide più
difficili, ma se ce l’abbiamo fatta questa volta ce la faremo ancora
perché alla fine la scuola siamo noi e solo noi possiamo scegliere cosa è
meglio per il nostro futuro.
giovedì 24 gennaio 2013
La nostra battaglia del 2012
giovedì, gennaio 24, 2013
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Andrea Fornara
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