sabato 19 ottobre 2013

TEST DI AMMISSIONE ALL'UNIVERSITÀ - IL CALVARIO DI UNA STUDENTESSA

da http://www.tecnicadellascuola.it/index.php?id=49410&action=view

18/10/2013
Gentile Ministro dell’Istruzione
Dott.ssa M.C.Carrozza

conosco il Suo impegno quotidiano per le vicende e per i tanti problemi che assillano la scuola, ma mi auguro possa leggere ugualmente questa mia mail.
Le scrive una mamma di una studentessa che da poco ha affrontato i test di ammissione per l'Università e che ha potuto constatare di persona l’assurdità e l'incongruenza di tale metodo.
Scrivo a Lei, perchè è palese la Sua sensibilità verso i giovani e le loro problematiche e inoltre come Ministro potrà più facilmente comprenderle.
Faccio un rapido riassunto della storia di mia figlia Giulia per farLe capire la situazione in cui versa oggi la maggior parte dei giovani.
Giulia ha 22 anni, è una ragazza normalissima, ha un diploma di maturità classica e una grande unica passione:diventare veterinaria.
Da quando era piccolissima, difatti, l’oggetto di tutti i suoi giochi, di tutte le sue letture, di tutte le trasmissioni e documentari televisivi erano gli animali, di tutti i generi senza distinzioni! Sapeva e sa descrivere anche gli animali più strani, strampalati e orripilanti , poco conosciuti dalla gran parte delle persone, acquistando via via conoscenza e competenza scientifica e comportamentale nel campo animale.
Naturale quindi, che dopo la maturità classica, sostenuta da noi genitori, abbia voluto fermamente intraprendere la strada universitaria a lei più congeniale, la facoltà di Medicina Veterinaria.
E qui comincia il calvario..
Dopo l’esame di maturità nel 2011, ha studiato per prepararsi al test di ammissione. Sapeva che sarebbe stato impegnativo, considerata la quantità di persone che avrebbero partecipato, ma la passione per questa professione le infuse grande coraggio e determinazione. Ma tutto inutilmente, superfluo descrivere la tristezza e lo sgomento quando apprese di non aver superato il test.
Come tutti gli altri suoi coetanei, per non essere esclusa dal percorso universitario, era stata costretta a partecipare a test di altre facoltà come alternativa, basata solo sul fatto che voleva continuare a studiare non sulla sua predisposizione. Non Le sembra assurdo che la maggior parte degli studenti attualmente sia costretta a scegliere una strada di ripiego?
A questo punto Giulia, piuttosto di frequentare una facoltà di poco interesse così tanto per fare qualcosa, decide di andare a all’estero per poter coronare il suo sogno. Ci si informa e anche tramite nostre conoscenze scopriamo che esiste una rinomata facoltà di Veterinaria con corsi in lingua inglese. Per potervi accedere però gli studenti avrebbero dovuto frequentare per un anno un corso di pre-medical in cui sarebbero stati preparati su materie quali chimica, anatomia, biologia, fisica, matematica ecc in lingua inglese per poter affrontare il test di ammissione e il corso di studi di Medicina Veterinaria o Medicina. Fatte le dovute considerazioni sull’esperienza impegnativa anche economicamente ma senza dubbio altamente formativa in ambiente internazionale decidiamo di tentare e nel giro di una settimana partiamo per questa destinazione.
Giulia frequenta per un anno questo corso, accorgendosi ben presto che a differenza dei coetanei svedesi norvegesi giapponesi ecc. gli italiani sanno destreggiarsi poco con la lingua inglese! Lei stessa sapeva a memoria brani di letteratura inglese ma di certo non comunication (e qui stendo un pietoso velo sui programmi della scuola superiore....).
Comunque con tanto impegno, riesce perfezionare la comunicazione in lingua e alla fine a superare il test e a essere, finalmente, ammessa alla Facoltà desiderata.
Il destino ha voluto però che proprio quando tutto si era sistemato, dopo qualche mese, per questioni di salute, Giulia sia stata costretta a malincuore a rientrare in Italia per sostenere le cure appropriate. Ci siamo subito attivati e abbiamo contattato alcune facoltà italiane per sapere se e “come” poteva trasferirsi per non perdere l’anno. Risposta negativa:bisogna sostenere comunque il test per l’ammissione anche se iscritti ad una facoltà estera e poi semmai, ma non è assicurato, verrà valutato il curriculum universitario.
Mi sembrava di cadere dalle nuvole… ma come può essere che uno studente che frequenta una facoltà nella tanto sbandierata Europa dopo un percorso di sicuro più complesso, non possa trasferirsi in Italia? Non esiste la libera circolazione negli Stati Uniti d’Europa?
E come mai uno studente che ha già sostenuto il test per di più in lingua inglese in altra facoltà europea, in Italia deve rifarlo? Tutto ciò sembra irreale..
Ma non era l’Italia ad avere il minor numero di giovani che si laureano? Certo se creiamo percorsi così difficili e complessi saranno sempre meno i giovani che proseguiranno gli studi.
Comunque non ci siamo persi d’animo! Giulia a questo punto decide di rifare il test in Italia e si rimette a studiare, forte anche del fatto che l’aveva già superato all’estero. Nel frattempo le consigliamo di fare uno stage, ovviamente gratuitamente, per verificare la sua reale predisposizione. E cosi, per fortuna, la accolgono in una rinomata clinica veterinaria della nostra città e comincia per qualche mese a lavorare sul campo.
Ciò è stato determinante perché ha potuto constatare quanto fosse competente nelle più svariate situazioni; questo non a parer mio, ma di tutti i veterinari che facevano servizio nella clinica e che le davano incarichi di responsabilità e di assistenza perfino in sala operatoria. Dalla mattina alla sera si prodigava con tutti gli animali in cura, saltando anche il pasto pur di seguire tutti i “pazienti”. Alcuni si facevano toccare solo da lei, a quanto altri mi hanno raccontato. Alla fine dello stage, il veterinario responsabile della clinica mi ha confessato che raramente ha potuto vedere una persona con una cosi grande passione, passione che si percepiva dalla “luce negli occhi” nel fare qualsiasi cosa, anche la più umile.
Ecco, Signor Ministro io Le scrivo perchè non voglio veder spegnere questa luce nei suoi occhi e negli occhi di tanti giovani..non voglio disilludere il suo sogno e il sogno di tanti ragazzi..
Diamo la possibilità a tutti di frequentare ciò per cui si sentono naturalmente portati. Del resto come si fa a valutare la motivazione e la passione? Quanti ragazzi scartati potrebbero essere ottimi medici o veterinari o architetti se solo potessero sperimentare la loro passione invece di essere selezionati con i test?
Devo confessarLe che proprio durante lo svolgimento di questi test ho visto tantissimi giovani e ho provato tantissima pena per loro: alla fine chiedevano soltanto di poter continuare gli studi. Ma solo pochi eletti potevano entrare, tutti gli altri sono costretti a scelte di ripiego o si perdono.
Nemmeno un lavoro possiamo offrirgli, allora almeno facciamoli continuare a studiare!
Giulia purtroppo neppure questa volta ce l’ha fatta e mi ha confessato di soffrire e di essere stanca e delusa per questa situazione. Ma riproverà, forse..
Siamo consapevoli che limitando l’accesso all’Università costringiamo la maggior parte di giovani a interrompere il percorso formativo? O a farli ripiegare su altre professioni che svolgeranno senza seria motivazione?

Riassumendo:
1) la scelta del test come metodo selettivo non è una proposta equa perché non permette allo studente di sperimentare la sua scelta e di verificare la sua attitudine per quel tipo di indirizzo
2) è consapevole il Ministero dell’Istruzione dei programmi svolti alle superiori? Perché le domande dei test sono al di fuori di ogni programma della scuola superiore nonostante ciò che viene pubblicato sui bandi!!
la motivazione e la passione sono importanti? Come si valutano?
3) perché “finanziare” le Università estere? Non è preferibile che più studenti studino in Italia e che le giuste esperienze all’estero si facciano in Erasmus?
4) Durante lo svolgimento dei test spesso ci sono irregolarità come riportano parecchi candidati. Ciò alimenta il sospetto che la selezione non avvenga in modo corretto. Questo non fa altro che aumentare la diffidenza da parte dei giovani nei confronti della validità dei test.
5) Dove è finito il diritto allo studio? A mio parere, mentre ci si preoccupa della dispersione scolastica fino alla scuola secondaria, non ci si rende conto dell’altrettanto grave problema all’Università.

Anch’io ho frequentato l’Università negli anni Settanta e la selezione è stata naturale; solo chi era veramente motivato è riuscito a laurearsi e a finire il percorso di studi. Nonostante aule, laboratori ed esami affollati, si aveva la possibilità di scegliere seguendo la propria attitudine.
Spero vivamente che Lei possa aiutare i tanti giovani che protestano e aspettano lo sblocco di questa incresciosa situazione e che la Politica possa risolvere il problema in modo da poter offrire a tutti la possibilità di una scelta motivata del proprio futuro.

Grazie della Sua cortese attenzione.

Rita Bravi

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