Hanno volti tristi, confusi, volti di chi è stato
costretto a lasciare la propria
casa, la propria famiglia, la propria terra in cerca
di un posto migliore, di
un lavoro, di una nuova vita. Vivono in vecchie
case, spesso abbandonate,
con l’intonaco che cade sui fornelli di una piccola
stufa elettrica, con le
mattonelle dei bagni distrutte, oppure in piccoli
appartamenti che sanno
del sudore di intere giornate passate a lavorare in
nero, in fabbrica, nei
campi, al semaforo vicino casa. Li chiamano “negri”,
“vucumprà”,
“criminali extracomunitari”, ma in realtà sono solo
“immigrati”, come lo
siamo stati anche noi italiani all’inizio e alla
metà del secolo scorso, come
ricorda il rettore di un’università: “E’ necessario
che il nostro Paese cambi
atteggiamento verso l’immigrazione, perché la Storia
ha messo sul nostro
cammino l’immigrazione e se noi non ‘facciamo pace’
con questo
fenomeno seguiamo una strada sbagliata.” Dal latino
“immigrare”,
immigrato è colui che si insedia permanentemente o
temporaneamente in
un paese diverso da quello di origine: nulla lascia
pensare a un criminale,
stereotipo con cui la società occidentale
contemporanea continua ad
etichettarli. Dopo vent’anni dall’emanazione della
Legge 28 febbraio
1990 n.39, meglio conosciuta come Legge Martelli,
pronunciata con lo
scopo di regolare organicamente l’immigrazione,
ridefinire lo status di
rifugiato, introdurre la programmazione dei flussi
dall’estero, precisare le
modalità di ingresso e respingimento alla frontiera
e il soggiorno in Italia,
il numero degli immigrati è aumentato notevolmente :
da 500.000 a
5.000.000. Tuttavia il giudizio comune sul flusso
migratorio è
contrastante : se da una parte si lascia parlare il
lato umanitario con aiuti
di ogni genere (viveri, dimore, lavoro…) a questi
poveri uomini, dall’altra è
crescente il rifiuto nei confronti di popoli che
sembrano “invadere” il
nostro territorio.E’ importante, quindi, comprendere
quale sia la vera
natura dell’immigrazione: benigna o maligna? una
risorsa oppure una
minaccia? La paura del “diverso”, che ha
caratterizzato la prima metà del
secolo scorso, sfociando nella Prima e nella Seconda
guerra mondiale, è
ancora oggi un problema comune: numerosi sono coloro
che provano nei
confronti degli immigrati astio e rancore,
sentimenti che la maggior parte
delle volte si manifestano in intimidazioni e
violenze. Certamente è
impossibile non tener conto dei casi di cronaca che
vedono come protagonisti attivi gli stranieri: stupri, incidenti, furti,
traffico di
stupefacenti…, ma in primis le statistiche confermano
che il numero di
crimini compiuti dagli stranieri si equipara alla
quantità di quelli compiuti
dai cittadini “ospitanti”, pertanto non sono “loro”
l’unica feccia della
società. Altro problema rilevante è il rifiuto dei
bambini stranieri all’interno
delle scuole, come sottolinea un fatto di cronaca
recente: in una scuola
romana i genitori degli studenti, dopo aver notato
il gran numero di alunni
stranieri all’interno della classe dei loro figli,
sconvolti dal fatto, hanno
prelevato i loro ragazzi iscrivendoli
successivamente ad un altro indirizzo;
così riporta un giornale della zona: “Il fatto che
tra i banchi sedessero
culture di tutto il mondo, non è stata però
interpretata come una ricchezza
dai genitori italiani. Uno a uno hanno ritirato i
loro pargoli dalla scuola,
prima chiedendo al dirigente Umberto Volpi (che ha
preferito non
commentare l’accaduto) di trovare loro un posto in
altri istituti, poi
muovendosi da soli.”“Ricchezza”, questo è il
sostantivo che dovrebbe
accompagnare le immigrazioni, non “criminalità”:
ricchezza di tradizioni, di
sogni, di preghiere e di sapere .Sin dall’antichità,
dalle più antiche opere
mitologiche ed epopee epiche, infatti, il “viaggio”
è motivo di scoperta e
curiosità, di scambio di idee e di tradizioni; chi
viaggia e abbraccia nuove
culture, ritorna arricchito, pieno di nuove realtà,
ed è proprio questo che
bisognerebbe attuare quando nuove culture si
mescolano alla nostra,
d’altronde tutto il mondo discende
dall’incontro-scontro di popoli nomadi
con quelli autoctoni. Dunque è impossibile pensare
agli immigrati come
ad una minaccia, bisognerebbe al contrario far
tesoro di ciò che essi
possono offrirci attraverso le loro culture: difatti
una società istruita e non
condizionata dai pregiudizi potrebbe dar vita al
progetto di Europa e
Mondo Unito a cui si aspira da anni. Uno dei
progetti che punta a questo
è, ad esempio, l’Intercultura: l’offerta agli
studenti delle scuole secondarie
di secondo grado e/o agli universitari di studiare
per uno o più anni
all’Estero, ospitati da famiglie del luogo,
integrati nella loro quotidianità e
nelle loro culture. In aggiunta, dato che un
continuo flusso migratorio così
denso e poco organizzato continua e probabilmente
continuerà a creare
discordie tra i popoli ospitanti e quelli ospitati
bisognerebbe muoversi
verso una “spartizione” degli immigrati in tutta
l’Europa e non
esclusivamente in alcune zone ristrette (facendo
così apparire
l’immigrazione agli occhi dei cittadini come un’
“invasione”); una delle
soluzioni, come afferma il presidente
dell’Europarlamento Martin Schulz
potrebbe essere l’imposizione di una tassa
sull’immigrazione a tutti i Paesi
dell’Unione Europea, ma questo potrebbe significare,
in alcuni casi,
alimentare ancor di più l’astio nei confronti di
questi popoli. Allora cosa
fare? Come riporta il documento ufficiale della
Presidenza dell’UE,
l’obiettivo principale è quello di riuscire ad
instaurare un rapporto di
condivisione e rispetto tra gli Stati membri e i
Paesi emigranti: garantire i
diritti per gli immigrati, offrire lavori, case ed
agevolazioni entro i limiti
massimi del Paese ospitante, promuovere gli scambi
di informazione,
combattere l’immigrazione irregolare espatriando
l’accusato attraverso un
patto con il Paese di provenienza del suddetto,
coordinare il controllo alle
frontiere anche con l’uso delle tecnologie studiando
le entrate e le uscite,
rendere l’Europa un asilo per gli immigrati
perseguitati offrendo loro una
maggiore protezione e tolleranza, cedere sostegni di
ogni genere in caso
di crisi di uno Stato, condurre politiche di
cooperazione con i paesi
d’origine…Dopo aver elencato le soluzione sopra
riportate, così si conclude
la Gazzetta ufficiale riguardo al “Patto europeo
sull’immigrazione e l’asilo”:
“Il Consiglio europeo invita il Parlamento europeo,
il Consiglio, la
Commissione e gli Stati membri, ciascuno nell'ambito
delle rispettive
competenze, ad adottare le decisioni necessarie per
attuare il presente
patto al fine di sviluppare una politica comune in
materia di immigrazione
e di asilo.”Si può concludere, quindi, sostenendo
che l’unica strategia per
vincere il razzismo nei confronti degli
extracomunitari sia l’abolizione di
ogni tipo di discriminazione, perché dare
l’opportunità di libertà a nuovi
popoli significa dunque elargire la libertà di
pensiero al mondo intero,
allontanandolo dall’odio e incoraggiandolo
all’integrazione del “diverso”.
Giulia Uda
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